Una domanda Quanto valgono per voi i dati?  Quanto sono preziosi i dati “di buona qualità”?  So che le domande sono decisamente assurde.  Ovviamente i ricercatori considerano i dati molto preziosi e attribuiscono loro un grande valore.  Sono fondamentali per il nostro lavoro.  Mi chiedo tuttavia se i ricercatori riconoscano i veri costi da sostenere per raggiungere la qualità desiderata dei dati.  In particolare, mi domando se tengano conto dei costi “umani” connessi all’acquisizione dei dati, ovvero quelli associati ai partecipanti.
Il minor costo dei dati porta a una massimizzazione senza limiti
Nel settore delle ricerche di mercato sono moltissime le possibilità di acquisire dati a basso costo.  Troviamo molte piattaforme di tipo “fai da te” da programmare per organizzare un sondaggio a costi bassi o nulli e con i database dei clienti e il traffico dei siti web, anche le aziende possono accedere ai partecipanti a costi bassi o nulli.  Effettivamente nel corso degli ultimi 15 anni in cui ho lavorato nel settore, i costi dell’acquisizione dei dati (programmazione e organizzazione di un sondaggio e acquisto del campione) sono diminuiti. Per effetto dei bassi costi, quasi niente impedisce ai ricercatori di acquisire quanti più dati possibile, durante un sondaggio.  Alcuni metodi per massimizzare l’acquisizione dei dati comprendono disegni sperimentali (ad esempio, scelta discreta/CBC e MaxDiff), griglie di domande e partizionamento, solo per citarne alcuni.  Cosa fanno i ricercatori nel tempo risparmiato?  Aggiungono altre domande.  La lunghezza delle interviste non è diminuita. E se confrontiamo le attività online con quelle telefoniche, troviamo che le interviste sono diventate ancora più lunghe.
Ci sono però dei costi nascosti
I ricercatori quindi stanno davvero massimizzando la quantità di dati che possono acquisire in un sondaggio.  Inoltre, per raccogliere questi dati pagano meno di quanto pagassero in passato.  Non posso tuttavia fare a meno di ricordare il detto: “Nessuno dà niente per niente”.  In altre parole, dobbiamo tenere conto di altri costi associati alla “massimizzazione della quantità di dati”. Uno di questi è semplicemente il sovraccarico di dati e l’incapacità di ricavarne informazioni utili.  L’acquisizione di tutti quei dati è un’operazione fantastica… fino a quando dovremo esaminarli per trovare qualcosa di interessante. Un’altra area in cui i costi aumentano è l’atteggiamento dei partecipanti.  La costante richiesta di maggiori volumi di dati ha conseguenze sui partecipanti.  Faccio parte di un gruppo di settore del Global Research Business Network che esamina queste conseguenze ed elabora di parametri per individuare ed esaminare le cause di questi risultati negativi.  Ad esempio, un risultato indesiderato può essere il cambiamento dell’opinione nei confronti del marchio che sponsorizza la ricerca.  (I partecipanti attribuiscono ai marchi la colpa delle esperienze negative durante i sondaggi?  E viceversa, maturano un’opinione più favorevole nei confronti dei marchi, se le esperienze durante i sondaggi sono positive?)  Oppure i partecipanti possono essere meno disposti a dare risposte sincere e significative, compromettendo la validità dei risultati.
Un buon ricercatore deve sempre tenere in considerazione questi costi
Questi costi nascosti pongono dei gravi problemi per il settore.  E nonostante i ricercatori stiano cercando altri metodi per acquisire i dati sui punti di vista dei consumatori anziché ricorrere alle interviste, chiedere alle persone di rispondere a qualche genere di domanda sarà sempre essenziale nel processo di ricerca di mercato.  La qualità di questa interazione avrà sempre un “costo”. Tornando alla domanda che ho posto all’inizio: Quanto considerate preziosi e di valore i dati? Jeff_McKenna Jeff McKenna Critical Mix